"Esistono a Pietroburgo, Nasten'ka, alcuni strani cantucci, anche se voi non li conoscete.
Sentirete Nasten'ka che in questi cantucci vivono degli uomini strani, dei sognatori.
Il sognatore si stabilisce prevalentemente in un cantuccio inaccessibile, come se volesse nascondersi perfino dalla luce del giorno, e ogni volta che si addentra nel suo cantuccio, vi aderisce come la chiocciola al guscio, e diventa simile a quell'animale divertente chiamato tartaruga, che è nello stesso tempo un animale e una casa"
Da "Le notti bianche" di Fëdor Dostoevskij
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sabato, maggio 04, 2013
Le notti bianche - Fedor Dostoevskij
Le notti bianche - Fedor Dostoevskij
Un sognatore romantico, un uomo che rifiuta la realtà e trova
accoglienza nella dimensione del sogno è il protagonista di questo
racconto di un giovane Dostoevskij.
Una notte, passeggiando lungo il fiume a San Pietroburgo, incontra Nasten’ka, una ragazza come tante, ma che ai suoi occhi rappresenta la possibilità di prendere finalmente contatto con il mondo reale, un universo ignoto, costellato da tutte le emozioni proprie dei rapporti interpersonali, quali amore e sofferenza, che lui, anima solitaria, non ha mai conosciuto. Il sognatore pietroburghese, come scrive l’autore russo, “si stabilisce in un cantuccio inaccessibile, come se volesse nascondersi perfino dalla luce del giorno” e, infatti, è durante le sue “notti bianche” che trova il coraggio di misurarsi con ciò che lo circonda, ciò che è fuori dal suo regno di illusioni e da cui si è sempre tenuto distante.
Il protagonista ipotizza che “…anche per lui forse suonerà una volta quella triste ora, quando per un giorno di quella misera vita (reale) avrebbe dato tutti i suoi anni di fantasticherie…” e forse quel momento è arrivato con Nasten’ka che, nella sua ottica, potrebbe rappresentare una sorta di frutto proibito, ma non dimentichiamoci di come andò a finire nel giardino dell’Eden…
Una notte, passeggiando lungo il fiume a San Pietroburgo, incontra Nasten’ka, una ragazza come tante, ma che ai suoi occhi rappresenta la possibilità di prendere finalmente contatto con il mondo reale, un universo ignoto, costellato da tutte le emozioni proprie dei rapporti interpersonali, quali amore e sofferenza, che lui, anima solitaria, non ha mai conosciuto. Il sognatore pietroburghese, come scrive l’autore russo, “si stabilisce in un cantuccio inaccessibile, come se volesse nascondersi perfino dalla luce del giorno” e, infatti, è durante le sue “notti bianche” che trova il coraggio di misurarsi con ciò che lo circonda, ciò che è fuori dal suo regno di illusioni e da cui si è sempre tenuto distante.
Il protagonista ipotizza che “…anche per lui forse suonerà una volta quella triste ora, quando per un giorno di quella misera vita (reale) avrebbe dato tutti i suoi anni di fantasticherie…” e forse quel momento è arrivato con Nasten’ka che, nella sua ottica, potrebbe rappresentare una sorta di frutto proibito, ma non dimentichiamoci di come andò a finire nel giardino dell’Eden…
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